martedì 30 giugno 2015

Grecia, globalizzazione, torte troppo piccole e decadenza.



Questo non è un buon periodo per il mondo. Grandi sconvolgimenti, da Nord a Sud. Attentati vari, cataclismi e un forte vento di rivoluzione in Europa. 
La piccola Grecia si ribella e questo mi riporta, chissà perché, indietro nel tempo. Mi rivedo seduta tra i banchi di scuola. Non è passato un secolo, ma erano altri tempi. C'era ancora ottimismo. E mi tornano in mente vecchie lezioni di geografia politica ed economica. Si enunciavano concetti che all'epoca a noi studenti sembravano solo inutili pipponi teorici. La prof parlava di sviluppo sostenibile, rapporto Brundtland, accordi vari per ridurre il buco nell'ozono, mondo villaggio e globalizzazione. 
"Il mondo sta diventando sempre più globalizzato, cadono le frontiere, aumenta la cooperazione tra Stati, si va verso una moneta unica" e frasi di questo tipo andavano di moda. Sembravano la descrizione futuristica di un mondo sempre più piccolo, sempre più alla portata di tutti e forse anche più umano. Un modo come un altro per sentirsi sempre più dei cosmopoliti. E devo dire che fra i banchi sognavi, ma ora quasi non sogni più.
Globalizzazione? Qualcosa che secondo i piani doveva risultare positiva e si è rivelata una catastrofe. Tutto più vicino. Questo è vero. Ora sono vicine anche cose che prima erano reciprocamente lontanissime e incompatibili. Come mettere (forse si raccontava in una barzelletta, non ricordo bene) dieci elefanti in una Cinquecento. 
Tutto questo avvicinarsi vicendevolmente, nel tempo si è rivelato nient'altro che una enorme pressa. Se non stai al centro, scusate il francesismo, sei fottuto. Schiacciato. Morto. Kaput. 
Tutti ora vogliono il meglio per sé stessi, e ciò è anche giusto, ma il fatto che il benessere stia raggiungendo solamente una piccolissima parte di popolazione appare ormai evidente nella sua drammaticità. I mezzi di comunicazione permettono persino a quelli che dal punto di vista di chi sta al centro vive in Culonia, di vedere da lontano le torte che si mangiano altrove, ed è logico che se uno vede un pezzo di torta e non ha manco un pugno di "letame", reclami la sua porzione. 
Ciò vale, ad esempio, per la Grecia che sta peggio di chi gli sta attorno e di conseguenza non digerisce i diktat che vengono imposti dall'alto. "Avevo chiesto torta, non diktat", sembra dire Tsipras. 
Vale anche per chi arriva in Italia con i barconi e per chi tenta di farci saltare in aria con una bomba. Inutile utilizzare come scusante i debiti insoluti, la religione, il colore di pelle. 
Ormai siamo globalizzati, e le disparità in un mondo globalizzato non si accettano ben volentieri. Questo discorso potevano farlo tempo addietro, quando nessuno sapeva cosa succedesse da un confine all'altro, ma non oggi.


E allora, dato che le entità sovrastatali negano fette di torta, ecco che ognuno tenta con ogni mezzo di ribellarsi alla razione scarsa che gli viene offerta e di sottrarsi all'unica cosa che davvero sta rendendo il mondo un piccolo villaggio: la miseria. 
Restrizioni, austerity, inviti a non imbarcarsi vengono restituiti al mittente con un sonoro vaffanculo. E qualcuno dice anche che i greci e tutti i derelitti di questo mondo non dovrebbero lamentarsi e accettare il destino che gli è toccato in sorte, ma la teoria non regge. 
La reazione a catena è partita. La miccia non si può disinnescare. Godiamoci questi anni di decadenza. 
.
.







2 commenti: