giovedì 16 aprile 2015

Sospensione per un like. Quanto pesano i social network oggi?




Antefatto: Fabio Tortosa, come sanno tutti, scrive su Facebook "Tornerei alla Diaz mille volte". Antonio Adornato mette un "mi piace" al suddetto post

Fatto: Fabio Tortosa e Antonio Adornato sono sospesi dal servizio

Tralasciamo la vicenda che sta dietro al post. E' già stata dibattuta abbastanza nelle sedi opportune.

Non è di questo che vorrei parlare, ma del fatto che penso urga una regolamentazione seria in materia di utilizzo dei social network. 

In Cina i principali social network sono stati oscurati già da anni. In Italia no, sinora. Si è scelta la strada della libertà di espressione, che poi altro non è che la strada indicata dalla nostra Costituzione (art 21: tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione). 

Ovvio che, come tutti ben sanno, esistano dei limiti anche alla libertà di espressione.
Alcuni derivano direttamente dalla professione che si svolge, altri dal comune buonsenso. Come mi hanno insegnato sin dalle elementari, "La mia libertà finisce dove comincia quella degli altri".

La questione che mi sono posta partendo dal mi piace di Adornato e da lì spostandomi ad un raggio più ampio è "Come valutare un like su Facebook all'interno del principio della libertà di espressione?".
E' possibile dare un significato univoco ad un gesto semplice come un click su Internet?
Chi può sapere con certezza quale sia il significato sotteso a quel gesto?

Mi è capitato di assistere a uno scambio di battute, proprio sui social network, che trovo attinente e chiarificatore del concetto.
Si discuteva sull'opportunità o meno di mettere mi piace ad un post che annunciava la morte di un uomo. Sentendosi aggrediti, alcuni in quel caso hanno risposto candidamente "Io metto mi piace solamente per segnalare di aver letto", o ancora "Il tasto non mi piace non c'è", o ancora "Io ho cliccato mi piace inavvertitamente".
Aggiungo io un'ulteriore scusante. Ci sono anche persone che permettono ai propri familiari o congiunti di connettersi dal proprio profilo. Ingenuamente direi. D'ora in poi questo gesto dovrà essere considerato alla stessa stregua del far guidare la propria auto a chiunque o del prestare un'arma.

Penso inoltre a chi, navigando su Internet, esprime pensieri ad alta voce quali "Lo ammazzerei, lo brucerei, lo riempirei di colpi" conditi con epiteti spesso molto coloriti. 
Scrivere una frase di questo tipo equivale a minaccia o ad un piano criminoso che si potrebbe davvero voler portare a compimento e come tale lo scrivente dovrebbe essere perseguito?

La questione è molto spinosa. I social network potrebbero diventare persino elementi di prova per i tribunali di questo passo, ma l'italiano medio ancora non se n'è accorto.

Le leggi provvedano a regolamentare l'utilizzo dei social quanto prima, o i Tribunali nel tempo si troveranno sommersi da una valanga di procedimenti a carico di navigatori poco accorti e superficialoni difficile da gestire. Voi che ne pensate?  







Nessun commento:

Posta un commento