domenica 14 dicembre 2014

Veronica, l'ultima degli assassini

Scrivo questo post non per parlare di morte, bensì di umanità. Notizia di ieri (che potevano anche evitare di diffondere perché, come ho già scritto, non è utile per nessuno l'accanimento mediatico su singoli fatti di cronaca) è che nessuno abbia portato un pigiama alla madre di Loris in carcere.

Una delle tante notizie di troppo, che non riporterà nessuno in vita e che non è altro che un pezzo di vita privata data in pasto agli ascoltatori del tg di una delle principali emittenti pubbliche.

La notizia però mi ha fatto riflettere. Non posso non provare pena per una donna che si è forse (nessuno può averne la certezza allo stato attuale) macchiata di un delitto atroce. Forse il più atroce in assoluto.

Eppure sembra che i familiari non provino compassione per lei. Tutti la descrivono come una persona cinica, capace di spezzare le costole di una compagna di classe, di inscenare rapimenti e inventare di sana pianta incontri con Denise Pipitone.

Impietose sono state la madre e la sorella quando hanno rilasciato le loro dichiarazioni ai giornalisti e agli inquirenti. Impietosa la folla che urlava improperi di ogni genere contro di lei mentre veniva condotta in carcere. Il marito ha manifestato l'intenzione di non volerla vedere mai più, convinto che non possa essere stato nessun altro a strappargli il sangue del suo sangue.

Agli occhi del mondo ora Veronica appare come l'ultima degli assassini, in una scala gerarchica di nefandezze.

Ma come si fa, mi chiedo, a non provare pena per una donna che ha forse compiuto un gesto al quale non si potrà mai porre rimedio?

Cinica o alienata potrebbe pure esserlo, ma chi o cosa possono averla resa così?
Non sono una psicologa, ma per il poco che so, la famiglia ha un peso davvero grande nel determinare chi o cosa un bambino diventerà. Se davvero Veronica fosse un mostro come la descrivono, non credo che a sua madre basterà mostrare al mondo il proprio dissenso per esimersi da ogni responsabilità genitoriale. Non si diventa mostri dall'oggi al domani.

Penso a quella fredda cella che accoglie una colpevole o un'innocente. Vorrei lasciare il beneficio del dubbio (anche se i più diranno che se non ho capito che è colpevole non ho capito niente, giacché sembra che tutti abbiano ormai la verità in tasca).

Questo dubbio voglio lasciarlo per togliere un po' di freddo a quella cella.

Si può provare sdegno e umana rabbia per un bambino che non c'è più, ma sono sicura che nessuno ucciderebbe un figlio per cinismo o puro piacere come i giudici hanno lasciato intendere.
A quale scopo, poi? Per trovare la felicità in una cella di un metro per un metro con un peso sulla coscienza che nessuno sarà mai in grado di togliere?

E' evidente che se questa madre è davvero colpevole, anche se stavolta nessuno ha invocato la quasi onnipresente pazzia del condannato che in qualche modo giustifica e rende meno duri nei giudizi, non tutto andava bene come poteva sembrare a chi le stava vicino.
Un fulmine non cade a ciel sereno.

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